venerdì 18 novembre 2011

IL PIACERE DELL’ONESTA'

Perché la “diversità” è, oggi più che mai, vitale.


Venerdì 11/11/11, la sirena del teatro Verdi di Pordenone ha zittito la pla
tea e tutta la “Pordenone Bene” ha rizzato le antenne per vedere “Il Piacere Dell’Onestà”. Così si sono comportati anche gli studenti dell’indirizzo sociale che, perfettamente mimetizzati nell’elegante galleria, hanno deciso di vivere quest’opera pirandelliana. Sul palco erboso ha preso forma la commedia che narra le vicende di Angelo Baldovino, che indossa il costume dell’onesto per palesare tutta l’ingiustizia nella società che lo circonda. Egli sposa per denaro Agata, rimasta incinta dal marchese Fabio Colli -attratto da lei da una passione puramente carnale- e prenderà questo matrimonio di facciata molto seriamente, tanto che aiuterà la povera ragazza e darà il nome di famiglia al nascituro. Ma al marchese tutto ciò non garba: architetterà un piano per poterlo incolpare di frode, ma Angelo, prevedendo il suo piano, spiegherà alla moglie perché compierà il furto che si aspettano che realizzi, e riuscirà a dimostrare chi tra loro è il vero disonesto, conquistando così il cuore di Agata. Lo stage (con il pavimento della casa che letteralmente ruotava!), le scene (scorrevoli) e le musiche erano eccezionali, ma ciò che ha tenuto in scatto il pubblico è stata la professionalità degli attori che si sono esibiti, in particolare è stata memorabile l’interpretazione di Leo Gullotta in Angelo Baldovino. La critica ha afferma che essa fa sì che “il teatro italiano, in tempi di vessazioni e di peste, si vendichi a colpi di bellezza”, e non lo dicono certamente a caso, dal momento che parliamo dello stesso attore che ha ricevuto il premio “Vittorio e Sica” dal Presidente della Repubblica. Sapendo di trovarsi si fronte un artista di tutto rispetto, finito il lungo applauso finale, le classi sono scese nei camerini e hanno approfittato della sua gentilezza per una foto, un autografo ed una stretta di mano, e poi dritti a casa perché il giorno dopo dovevano andare a scuola, e le 23:00 erano ormai passate da un po’.
Mi hanno colpito molto le parole del regista dell'opera, Fabio Grossi, che, sulla plaquette distribuita agli spettatori, notava: “Onestà, parola di grande effetto per il periodo in cui Pirandello concepì la sua opera, parola di lacerante contesto in questa nostra travagliata epoca, dove prodotti e momenti di vita vissuta vengono modificati in maniera cangiante e definente, sull’orlo di un dramma che si pone di fronte all’eterno aut aut di una società alla ricerca di un’equa liceità. Nella visione pirandelliana, il nostro protagonista, nell’indossare il costume dell’Onesto, adotta il colore del diverso, in una fauna di anime mostruose e la condotta morale del Baldovino diventa da questo momento inattaccabile e questi si chiude dentro la propria onestà sfidando convenzioni sociali ed egoismi personali.
Una società, immutata nei tempi – aggiunge Grossi - da quelli passati a quelli odierni, che ha paura della diversità, perché essere onesti significa essere diversi, e che fa del tutto per annichilire l’elemento considerato spurio con tutti i mezzi, anche quelli più perversi. Messo alle strette nella manovra estrema di farlo contravvenire alle proprie responsabilità, Angelo Baldovino continua a mantenere intatta la propria “maschera” di uomo onesto, finendo così per mettere spietatamente a nudo la disonestà di tutti gli altri. Una pseudo legittima unione – conclude - quella che Pirandello usa per dimostrare come l’essere e l’apparire siano in realtà categorie senza alcun valore, frutto unicamente delle convenzioni e del conformismo della società”.

Tema quanto mai accattivante e attuale:

spero che ognuno faccia sempre il possibile per essere onesto, così da
creare un futuro più civile di quello finora conosciuto e dando il buon esempio ai piani alti, che per lo più hanno ormai scordato cosa sia questa diversità.

Testo: Carmen Avoledo
Grafica: Kevin Del Bianco

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