martedì 20 dicembre 2011

CAFFÈ A RAPALLO

Natale nel tepidario
lustrante, truccato dai fumi
che svolgono tazze, velato
tremore di lumi oltre i chiusi
cristalli, profili di femmine
nel grigio, tra lampi di gemme
e screzi di sete...
Son giunte
a queste native tue spiagge,
le nuove Sirene!; e qui manchi
Camillo, amico, tu storico
di cupidige e di brividi.

S'ode grande frastuono nella via.

È passata di fuori
l'indicibile musica
delle trombe di lama
e dei piattini arguti dei fanciulli:
è passata la musica innocente.

Un mondo gnomo ne andava
con strepere di muletti e di carriole,
tra un lagno di montoni
di cartapesta e un bagliare
di sciabole fasciate di stagnole.
Passarono i Generali
con le feluche di cartone
e impugnavano aste di torroni;
poi furono i gregari
con moccoli e lampioni,
e le tinnanti scatole
ch'ànno il suono più trito,
tenue rivo che incanta
l'animo dubitoso:
(meraviglioso udivo).

L'orda passò col rumore
d'una zampante greggia
che il tuono recente impaura.
L'accolse la pastura
che per noi più non verdeggia.

di Eugenio Montale


Tanti auguri dalla redazione del blog!

Una storia divertente

Era l’anno 1896. In quel periodo si assisteva al progresso e al benessere. Era la cosìddetta Belle Epoque. Si costruivano nuove industrie e nuove invenzioni tecnologiche, le prime automobili, nascevano in quell’epoca, come la Peugeot che da poco aveva comprato il conte d’Ostregatti.

Il 16 dicembre di quell’anno volle subito provare a farci un giro. Le strade erano ghiacciate e piene di neve, nevicava ancora, quindi era pericoloso girare in macchina con quel tempo, ma il conte d’Ostregatti si stava recando con i suoi tre nipoti Louis, Riccardo e Georgette al Palaghiaccio per pattinare. Louis che era impaziente gridò allo zio:

- Presto sbrigati che è già buio e le strade sono ghiacciate.

Il conte un po’ arrabbiato: - Lo farei se questa carretta andasse a più di 30 all’ora!.

In quel mentre cadeva un sacco di neve e non si vedeva niente. La povera Georgette aveva tirato fuori il suo ombrellino da sole,lasciato precedentemente nell'auto, per ripararsi dalla neve e il conte che non aveva gli occhiali non vedeva nulla; dubito che avrebbe visto qualcosa dato che nevicava a dirotto. A quel punto sterzò così bruscamente l’automobile che tutti furono catapultati in avanti. Il conte perse il controllo della macchina che girò su se stessa e finì fuori strada per un sentiero ricoperto ancor più di neve, tortuoso, pieno di ostacoli come alberi e sassi. Intanto il conte era sbalzato per metà sul cofano dell’auto e veniva schiaffeggiato dalle punte dei pini e dalle piante più basse. Il suo nobile sedere veniva preso a ombrellate da Georgette, alla quale nell’urto era caduto il cappellino. Con boccoli e piume davanti lei non vedeva più niente. Tra un’ ahia del conte e lo sballottamento degli altri all’improvviso pian piano si vide comparire una luce.

Il primo ad accorgersene fu il conte che mezzo stordito dalle frustate che riceveva davanti e dietro gli sembrò di sognare, e disse:

- Ma cos… - e fu interrotto subito da Louis e Riccardo - Ma che cosa… - Intanto Georgette che si era sistemata il cappello e aveva smesso di sculacciare lo zio, disorientata si guardò intorno mentre le luci apparivano più nitide e gridò

- Ah!... il Palaghiaccio.

In quel momento la macchina poco distante da una piccola rupe che si affacciava sul Palaghiaccio urtò contro un sasso bello grande che sembrava posizionato lì apposta per loro. Subito l’automobile si alzò e fece un volo di tre metri. Tutti gridarono nello stesso istante. L’automobile infranse uno dei grandi vetri del primo piano. Intanto l’ombrello di Georgette si era aperto e l’aveva protetta dai pezzi di vetro andati in frantumi. L’auto atterrò nella galleria e andando avanti ruppe la ringhiera di sostegno. Proprio di sotto al pianoterra c’era il caffè del Palaghiaccio che dava sulla pista e due signori stavano conversando.

- Allora signor MacGregor le do un milione di dollari per la sua miniera d’argento in Kenya.

- Niente da fare signor Bruschino - rispose MacGregor - la mia miniera vale molto di più.

- Ma la mia somma di denaro è molto grande deve pur accettare.

- Accetterò solo quando vedrò un’automobile cadere dal cielo.

Subito in quel momento la Peugeot del conte d’Ostregatti atterrò sulla pista da ghiaccio. I due gentiluomini nel caffè si girarono e guardarono stupiti verso la pista. Ormai tutti guardavano cosa stava succedendo. Anche un cameriere che passava di lì, e distratto inciampò e il vassoio d’argento che teneva in mano volò via. Il contenuto delle bevande che c’erano finì su due vistose dame dell’alta borghesia, le quali indossavano vestiti coloratissimi, fatti con tessuti preziosi. Non potete immaginare cosa ne venne fuori appena le bevande si furono mischiate ai coloratissimi tessuti degli abiti: le dame sembravano due arlecchini fuori stagione. Intanto la Peugeot slittava senza controllo investendo chiunque si trovasse in pista. Le persone terrorizzate cercando di scappare tra capitomboli e scivolando gridavano: - Ma che fa quello - oppure - È impazzito!

Il conte disperato cercava di fermare la macchina mentre Louis gli gridava:

- Ma cosa fai? Attento!! Fermati!.

A peggiorare la situazione fu Georgette che per sbaglio con l’ombrellino ancora aperto, lo mise in testa allo zio e si chiuse di scatto. Il conte dimenandosi sembrava uno spaventapasseri, e non vedeva nulla. Louis cercava di lato di prendere il volante. Riccardo era riuscito a liberare lo zio dall’ombrello che restituì a Georgette, appena in tempo perché l’auto stava per sbattere su una colonna, il conte frenando e sterzando allo stesso tempo riuscì a deviarla. Frattanto una donna si era appesa dietro la macchina mentre cercava di scappare, ed era da un po’ che stava agganciata dietro l’automobile.

Se ne accorse Georgette che prese a ombrellate le mani della signora dicendo: - Togli le mani da lì.

La poveretta lasciò la presa e volò verso un gruppo di persone che erano rimaste sulla pista e tutti finirono nel caffè facendo cadere tavoli e persone. Il conte più disperato che mai si sentiva gridare da Louis:

- Fermati! Ma cosa fai? Nooo lì!

Ormai non ne poteva più e ribattè:

- Ci sto provandooo!!!

A quel punto il volante si staccò e restò nelle mani del conte il quale rimasto a bocca aperta non sapeva cosa fare. Gli altri tre se ne accorsero e gridarono a squarciagola. Le poche persone rimaste nella pista o nel cafè guardavano scioccate lo strano spettacolo. Riccardo fuori di sé prese lo spingardino caricato a sale che si trovava nella macchina e cercò di sparare alle ruote per fermare l’auto ormai impazzita. Ma Riccardo sballottato dalla macchina sparò davanti a sé e andò a beccare al di là della ringhiera che circondava la pista Madam Piccion (così denominata per i grandi cappelli che portava, con tante piume e uccelli impagliati o finti. Il cappello era sempre in tinta con qualsiasi vestito portasse. Lei veniva anche chiamata “struzzo”).

Quel giorno indossava un vestito turchese con cappello dello stesso colore che aveva piume da tutti i lati e al centro un maestoso uccello azzurro e bianco con le ali socchiuse e una leggera cresta sulla testa che sembrava un’onda marina. Tornando a noi il cappello della poverina venne impallinato e ci fu uno spruzzo di pennacchi azzurro-turchini che cadevano con grazia e si posavano a terra. Per quanto riguarda il maestoso pennuto non fu più né maestoso né pennuto, infatti si inclinò sul cappello poi cadde e si spezzò.

Naturalmente la donna prese un colpo, svenne, e cadde su un tavolo che si ribaltò. Intanto la macchina stava girando su se stessa nel mezzo della pista. Le ruote facevano scintille roventi sul ghiaccio, roba da appiccare un incendio. Una delle ruote si staccò e sfrecciò sul ghiaccio provocando una striscia di fuoco per poi finire contro una colonna. Ormai la macchina stava rallentando e ai quattro che erano a bordo veniva da vomitare.

La povera Peugeot del conte d’ Ostregatti era ormai a pezzi, dal cofano dell’auto usciva fumo, e sembrava quasi che sbuffasse, il volante si era staccato e una ruota anche. Comunque l’automobile fece un ultimo lento giro su se stessa e si fermò. Le persone che si erano nascoste sotto i tavoli o dietro le colonne del Palaghiaccio si alzarono pian piano. Poi un’altra ruota dell’auto mezza sfasciata aveva ceduto e i quattro caddero uno sopra l’altro sul ghiaccio diventato ormai caldo dalle scintille prodotte dalle ruote della macchina. Intanto arrivò anche la polizia chiamata dal padrone del Palaghiaccio avvisato dal gestore del caffè che era lì. Il povero conte oltre ad essersi quasi rotto la schiena nella caduta dovette pagare una multa così salata per i danni fatti al Palaghiaccio e alle persone dalla macchina impazzita che ci volle un barile di sali per farlo rinvenire.

Invece i suoi nipoti ogni volta che pensavano a cosa era accaduto si mettevano a ridere a crepapelle e se il conte li sentiva gli tirava addosso una scarpa. Intanto il nobiluomo da quel momento odiò le macchine e andò sempre in carrozza. Infatti di solito lo si sentiva dire:

- Ascoltatemi, io preferisco andare in carrozza, è meno rischioso che andare in una di quelle automobili. Secondo me è solo una moda passeggera. Le macchine avranno vita breve, ve lo dico io, prima o poi leveranno di mezzo quei catorci e per le strade non se ne vedrà più neanche uno di quegli aggeggi infernali.

E i suoi nipoti o altri gli rispondevano:

- Vedremo zio. Vedremo!!!.


Fabio Barnava

martedì 22 novembre 2011

Pedalate ragazze... Pedalate! u.u

Ecco cosa cercano per la vostra salute e forma fisica i redattori del Blog! :) buona visione!

Ciceroni per il FAI




Il FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, è un’associazione senza scopo di lucro che salvaguarda e tutela il patrimonio storico ed artistico italiano.

Anche quest’anno, nel mese di novembre si è svolto il progetto “Mattinate per il FAI”, il quale permette agli studenti delle scuole superiori di seguire un corso di formazione e, al termine di quest’ultimo, fare la guida ai propri compagni per quanto riguarda i monumenti e i palazzi che hanno dato un importante contributo alla storia della loro città.

A Pordenone è stata presentata la Galleria D’Arte Moderna e Contemporanea “Armando Pizzinato”, inaugurata lo scorso anno.

La 4^ATT e la 4^BTT dell’istituto, insieme ad altre classi provenienti da altre scuole, hanno avuto la possibilità di partecipare a questa iniziativa. Dal 21 ottobre all’11 novembre si sono recate ogni venerdì presso l’auditorium della Galleria per frequentare il ciclo di lezioni presentato da vari docenti con tematiche differenti che variavano di volta in volta.

Nelle due ore del venerdì pomeriggio (un po’ pesanti per i ragazzi, dopo 5 ore di scuola) si è parlato della Villa Galvani che è appartenuta all’omonima Famiglia, la quale ha dato un’importante impulso per l’economia del territorio.

Questo argomento è stato molto interessante e molto seguito; successivamente si è passati a concetti più impegnativi, come ad esempio la costruzione della Villa Galvani e il suo relativo restauro avvenuto durante gli anni ’80-’90 del secolo scorso, che hanno catturato meno attenzione da parte degli studenti.

Alla conclusione di queste lezioni, all’incirca 70 ragazzi si sono suddivisi in gruppi e si sono proposti per fare le guide durante le mattinate del 14, l5 e 16 novembre.

Io, Camilla, Chiara, Irene e Magdalena abbiamo fatto da cicerone il giorno 14 e ovviamente eravamo un po’ emozionate, dato che era la nostra prima esperienza su questo campo fortunatamente, dopo l’attesa di circa un’ora dall’arrivo delle classi superiori, la nostra esposizione è andata molto bene e, addirittura, abbiamo ricevuto i complimenti da parte di una professoressa.

Abbiamo notato che, in effetti, si doveva curare di più l’organizzazione, ma alla fine tutto è proceduto per il meglio e siamo state molto soddisfatte e contente di questa esperienza.

Il venerdì successivo, dopo la ricreazione, coloro che hanno fatto la guida per il FAI si sono diretti nel Palazzo della Provincia per ritirare l’attestato destinato a ciascun cicerone e, ovviamente, è stata un’ulteriore gratificazione.

Grazie a questa opportunità, ci siamo messe alla prova e allo stesso tempo ci siamo divertite, passando una mattinata diversa dalle solite, molto piacevole e soprattutto appagante.

testo:Deborah Viera

composizione:Giulia Cavalsi

venerdì 18 novembre 2011

IL PIACERE DELL’ONESTA'

Perché la “diversità” è, oggi più che mai, vitale.


Venerdì 11/11/11, la sirena del teatro Verdi di Pordenone ha zittito la pla
tea e tutta la “Pordenone Bene” ha rizzato le antenne per vedere “Il Piacere Dell’Onestà”. Così si sono comportati anche gli studenti dell’indirizzo sociale che, perfettamente mimetizzati nell’elegante galleria, hanno deciso di vivere quest’opera pirandelliana. Sul palco erboso ha preso forma la commedia che narra le vicende di Angelo Baldovino, che indossa il costume dell’onesto per palesare tutta l’ingiustizia nella società che lo circonda. Egli sposa per denaro Agata, rimasta incinta dal marchese Fabio Colli -attratto da lei da una passione puramente carnale- e prenderà questo matrimonio di facciata molto seriamente, tanto che aiuterà la povera ragazza e darà il nome di famiglia al nascituro. Ma al marchese tutto ciò non garba: architetterà un piano per poterlo incolpare di frode, ma Angelo, prevedendo il suo piano, spiegherà alla moglie perché compierà il furto che si aspettano che realizzi, e riuscirà a dimostrare chi tra loro è il vero disonesto, conquistando così il cuore di Agata. Lo stage (con il pavimento della casa che letteralmente ruotava!), le scene (scorrevoli) e le musiche erano eccezionali, ma ciò che ha tenuto in scatto il pubblico è stata la professionalità degli attori che si sono esibiti, in particolare è stata memorabile l’interpretazione di Leo Gullotta in Angelo Baldovino. La critica ha afferma che essa fa sì che “il teatro italiano, in tempi di vessazioni e di peste, si vendichi a colpi di bellezza”, e non lo dicono certamente a caso, dal momento che parliamo dello stesso attore che ha ricevuto il premio “Vittorio e Sica” dal Presidente della Repubblica. Sapendo di trovarsi si fronte un artista di tutto rispetto, finito il lungo applauso finale, le classi sono scese nei camerini e hanno approfittato della sua gentilezza per una foto, un autografo ed una stretta di mano, e poi dritti a casa perché il giorno dopo dovevano andare a scuola, e le 23:00 erano ormai passate da un po’.
Mi hanno colpito molto le parole del regista dell'opera, Fabio Grossi, che, sulla plaquette distribuita agli spettatori, notava: “Onestà, parola di grande effetto per il periodo in cui Pirandello concepì la sua opera, parola di lacerante contesto in questa nostra travagliata epoca, dove prodotti e momenti di vita vissuta vengono modificati in maniera cangiante e definente, sull’orlo di un dramma che si pone di fronte all’eterno aut aut di una società alla ricerca di un’equa liceità. Nella visione pirandelliana, il nostro protagonista, nell’indossare il costume dell’Onesto, adotta il colore del diverso, in una fauna di anime mostruose e la condotta morale del Baldovino diventa da questo momento inattaccabile e questi si chiude dentro la propria onestà sfidando convenzioni sociali ed egoismi personali.
Una società, immutata nei tempi – aggiunge Grossi - da quelli passati a quelli odierni, che ha paura della diversità, perché essere onesti significa essere diversi, e che fa del tutto per annichilire l’elemento considerato spurio con tutti i mezzi, anche quelli più perversi. Messo alle strette nella manovra estrema di farlo contravvenire alle proprie responsabilità, Angelo Baldovino continua a mantenere intatta la propria “maschera” di uomo onesto, finendo così per mettere spietatamente a nudo la disonestà di tutti gli altri. Una pseudo legittima unione – conclude - quella che Pirandello usa per dimostrare come l’essere e l’apparire siano in realtà categorie senza alcun valore, frutto unicamente delle convenzioni e del conformismo della società”.

Tema quanto mai accattivante e attuale:

spero che ognuno faccia sempre il possibile per essere onesto, così da
creare un futuro più civile di quello finora conosciuto e dando il buon esempio ai piani alti, che per lo più hanno ormai scordato cosa sia questa diversità.

Testo: Carmen Avoledo
Grafica: Kevin Del Bianco

martedì 8 novembre 2011

Sole che risclada

Guardo il cielo limpido,
sorrido,
il calore del sole
continua a scaldare le mie giornate.

Riempie di luce
tutto ciò che incontra
permettendo di ammirare la bellezza delle cose,
la bellezza di ciò che ci circonda.

La Terra, la gente,
la vita, il cielo,
sono tutti miracoli che
rendono la nostra esistenza speciale.

Spesso l’uomo non se ne accorge
e disprezza questa magica bellezza
di da luci e sogni
di dolori e gioie.

Una lieve folata di vento caldo
mi sfiora il volto
e ritorno alla realtà,
per poter osservare il tramonto;

un tramonto ricco di colori,
pieno di sfumature
che apre la strada per una nuova notte.








Kevin Del Bianco

Impressioni sull'Espressionismo



Giovedì 27 ottobre gli studenti delle classi V dell’Istituto hanno perso qualche caloria più del solito.
No, non hanno deciso di fare una dieta di classe, ma bensì una gita che li ha fatti girare in lungo e in largo l’elegante Villa Manin di Passariano di Codroipo che al momento ospita una vasta mostra sull’ Espressionismo.
Nel giardino esterno ha colpito molto la mostra fotografica, incentrata sui migliori paesaggi del Friuli Venezia- Giulia e delle più famose capitali d’Italia e d’Europa, che ha letteralmente fatto viaggiare tutti coloro che hanno dato anche solo una sbirciata a quei mastodontici pannelli.
Non descriverò di ogni singolo dettaglio dei più di cento quadri che hanno avuto modo di vedere (perché “l’arte si sfuma ogniqualvolta la sua bellezza viene ingabbiata tra due righe e un punto”, e perché non voglio scrivere un libro!), però posso dare un assaggio su quello che ha attirato maggiormente l’attenzione dei visitatori e sulla storia su cui queste opere poggiano.
I quadri provengono dal berlinese Brucke Museum e racconta, secondo una scansione cronologica e quasi monografica, la nascita e lo sviluppo del movimento denominato Die Brucke (Il ponte) che è la base su cui si è sviluppato l’Espressionismo.
Gli autori che abbiamo preso in esame sono stati: Kirchner, Breyl, Heckel, Nolde, Shmidt-Rottluff, Pechstein e Mueller, che in comune non avevano un piano artistico preciso, ma il solo intuito creativo e la voglia di rompere le rigide norme sociali dell’epoca.
Fritz Bleyl, Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel e Karl Schmidt-Rottluff, tutti studenti di architettura a Dresda, furono i fondatori del gruppo. Emil Nolde e Max Pechstein entrano nel gruppo nel 1906 e Otto Mueller nel 1910. Le opere di questi artisti, soprattutto nel periodo in cui fecero parte del movimento, che si scioglierà nel 1913, sono accomunate soprattutto dalla generale semplificazione, dai contorni neri molto marcati e dal frequente accostamento dei colori complementari per dare più vivacità e luce al disegno. Accanto a paesaggi e ritratti compaiono scene urbane filtrate attraverso gli occhi degli autori che polemizzano con la realtà sociale che li attornia.
L’opera- simbolo della mostra è senz’ombra di dubbio Marcella, opera di Kirchner che rappresenta una ragazzina seduta su un divano assorta nei suoi pensieri con un gatto bianco accoccolato al suo fianco. Il suo corpo infantile è, dal punto di vista dell’autore, quanto mai vicino alla natura e alla spontaneità. Per quel che riguarda i colori, il verde, colore prevalente ed indica una certa ambiguità nei sentimenti (un tocco di eros, perché Marcella da bambina sta diventando donna?) mentre per lo stile sono da notare le linee marcate e dritte, e il punto di vista doppio, che rende il pavimento tale da farlo sembrare quasi verticale, quasi che fa precipitare le bottiglie di vino -simbolo della vita non convenzionale- addosso a chi osserva il quadro.
Dopo questa immersione nel mondo dell’espressionismo, gli alunni sono riemerse nel prato che ospita la mostra fotografica, e hanno continuato la visita a gruppetti.
Un piccolo gruppo è ritornato dentro la mostra per visitare con meno frenesia la stanza dove dormì Napoleone e i quadri che prima non si era potuto godere al meglio, un altro gruppo è restato al sole, a guardare nuovamente le fotografie, un gruppo è andato a vedere la stanza dove sono ancora tenute le carrozze (quelle da corsa, quelle per i contadini, quelle aristocratiche, quelle per le feste, i calessi …), un altro gruppo è scappato nella luminosa cappella stile rococò con ritorni al classicismo dei Manin dedicata alla Madonna (famosa in tutto il nord-est perché è la sintesi del lavoro del famoso scultore Giuseppe Torretti, dell’architetto Domenico Rossi e del pittore Giuseppe Bernardi) ed un ultimo gruppo si è rifugiato nell’”armeria”, dove erano esposte non solo armi da fuoco, spade e armature europee, ma anche armi giapponesi del periodo Meiji e antecedente.





Testo: Carmen Avoledo


Composizione: Kevin Del Bianco

Concorso "la scemenza dell'anno"

Quante volte il nostro cervello non connette più e iniziamo a sparare scemenze??? Non so a voi, ma a me succede anche troppo spesso: mescolare due parole, inventare nuovi verbi, dare spiegazioni assurde sul perchè si è fatto tardi o non si ha studiato .-. provocando risate su risate dei tuoi amici -.-" Per non parlare poi di quando lo fanno gli insegnanti!!Oh si, lì si che si ride u.u Quindi ragazzi: segnatevi bene tutte le scemenze che sparate voi, che sparano i vostri amici e che soprattutto sparano GLI INSEGNANTI :D
Se volete partecipare a questo concorso potete andare a visitare la pagina facebook F.Flora blog e contattarci per pubblicarle :)

domenica 30 ottobre 2011

Poesia

"Una parola muore
Quando viene detta,
Si dice in giro
Io pensoCentra Che solo allora
Prenda respiro"


Emily Dickinson
(Tutte le poesie)

mercoledì 19 ottobre 2011

momento della premiazione


Sul palco Daniela Caterino e Carmen Avoledo, che ricevono in nome della classe V BTSO il premio dalla giuria composta da: Giancarlo Zoppoli, Giorgio Placereani, Mauro Gervasini, Roberto Pugliese, Steve Della Casa e Viola Farassino; in collaborazione con: MYmovies, Banca FriulAdria - Crédit Agricole e Onda Communication.


La classe V BTSO con tanto di premio e assegno sul palco del Cinema Zero!

Premio “La Classe” vinto dalla ex- IV BTSO del Flora

Qualcuno dei miei tre o quattro lettori avrà certamente notato che in giro per le bacheche dell’istituto ci sono un articolo di giornale (scritto troppo in piccolo per affaticarsi a leggerlo tutto!) e una foto di una classe del “Sociale”. Ma chi sono? Perché i loro sguardi perplessi vi fissano ogni volta che fate un giro fino alle macchinette? Ve lo dico io: sono lì per dirvi di darvi da fare! Mi spiegherò meglio ma per ora mi limiterò a raccontarvi in breve la storia di queste fanciulle. L’anno scorso hanno scritto sul libretto: “Il giorno 4 aprile 2011, alle ore 09:00, la classe IV BTSO si recherà al Cinema Zero accompagnata dai prof Perin per partecipare ad un incontro formativo sulla critica cinematografica” e si sono fatte una lunga scarpinata per partecipare a quell' insolito matinée.

La classe ha visto il film Precious di Lee Daniels (Usa, 2010), “una storia di ordinaria violenza domestica e sociale con protagonista una sedicenne di colore che vive nel ghetto di Harlem negli anni ’80”, che ha commentato insieme al critico Mauro Gervasini, inviandogli alcune domande-lampo tramite degli sms.

Poi, un bel mattino di fine maggio, si è scaraventata in classe la buona novella: biglietti per il cinema in omaggio per tutte! Ma… perché?!?

-Avete vinto il premio “Alberto Farassino La Classe”, sono € 500 (per la scuola) da spendere in libri e DVD, biglietti per il cinema gratis e una targa!- .

Con l’inattesa vittoria è arrivata anche la notizia che la classe sarebbe andata a ritirare il premio durante Pordenonelegge dell’anno scolastico successivo, ma la lunga e goliardica estate le aveva dolcemente fatto dimenticare la notizia…

“Il giorno 17 settembre 2011, alle ore 08: 00, la classe V BTSO si recherà al Cinema Zero accompagnata da prof Persico per assistere alle premiazioni di Scrivere di cinema, premio Alberto Farassino”. Da far firmare.

Così, dopo aver smaltito bene la colazione con la solita passeggiata, la classe ha atteso l’apertura del cinema e si è fiondata nell’unica fila disponibile ed ha atteso: prima i discorsi, poi le premiazioni individuali (i partecipanti provenivano da tutta Italia!) poi i trailer ed infine è arrivato anche il loro turno: Daniela Caterino e Carmen Avoledo sono salite più o a meno impavidamente sul palco.

Stretta di mano, consegna del premio e del mega-assegno, due parole messe in croce, un sorriso stirato male, la solita foto catturata nel momento sbagliato e di nuovo salve in poltrona.

Sono state acclamate come due eroine e, alla fine di tutto, hanno fatto tutte e 19 la foto di gruppo! I loro nomi, oltre ai due sopracitati, sono qui di seguito trascritti : Basso Laura, Bortolotto Veronica, D’Agostino Francesca, De Ros Susanna, Della Valentina Veronica, Favot Francesca, Kumi Chantal, Landolfo Ilaria, Lepera Alessia, Marchi Karin, Moretto Marta, Padano Samantha, Papais Michela, Turco Solidea e Valentina Turrin; ricordo anche Fellet Valeria che ha partecipato alla premiazione e le memorabili Giordano Daniela e Maestrello Elisa che, l’anno scorso, hanno partecipato all’iniziativa insieme alla classe.

Quindi, carissimi due lettori che siete giunti fino a questo punto del mio articolo senza spaventarvi, ecco l’origine effettiva dei pezzi di carta che vedete sulle bacheche.

Ma questo non è tutto: quando scrivevo che i loro gli sguardi “sono lì per dirvi di darvi da fare” ero seria, perché vorrei farvi riflettere sul fatto che è importante mettere tutto l’impegno possibile in ciò che viene fatto. Quelle ragazze, senza pretendere di classificarsi, ce l’hanno messo ed hanno meritato il premio di cui l’intero istituto avrà beneficio.

Infatti per me è desolante vedere ragazzi senza passione, che non si impegnano in niente o che hanno paura di tirar fuori quel mondo fantastico che regna dentro di loro. A quelle ormai famose fanciulle è stato proposto di vedere un film che c’entrava con il loro indirizzo di studi (parlava di problematiche sociali) e che a tutte poteva interessare perché, non lo si può negare, un biglietto gratis, la gloria e qualche soldino alla propria scuola, fanno sempre comodo.

Perciò, caro lettore che sei riuscito ad arrivare alla fine (* un applauso*) coinvolgi la tua classe e partecipa ad un concorso: aiuta a maturare, è divertente, e poi, in futuro, vogliamo più trofei da spolverare per dimostrare che al Flora c’è ancora gente che sa impegnarsi.

Carmen Avoledo

venerdì 14 ottobre 2011

Paura della realtà

Mi specchio nel mare

che riflette il mio volto

nel quale riesco a vedere

i miei pensieri.


Non so perché lo faccio,

so solo che non riesco a fare altro.

Forse non ho voglia di muovermi da quella posizione

forse mi va bene così.



Improvvisamente, una goccia rompe quella perfezione apparente

e rende la mia figura meno nitida.

Solo ora ho il coraggio di guardarmi attorno,

solo ora so cosa mi circonda.

Vedo una fitta foresta
al centro si trova

questo grande lago
che io credevo fosse il mare.

Noto anche altre persone
che, come facevo io, si specchiano

piuttosto che guardarsi attorno,

piuttosto che affrontare la realtà…



Già,
ripensandoci io avevo paura,

paura di guardarmi attorno,

paura di ciò che poteva essere la mia realtà.








Kevin Del Bianco

venerdì 4 marzo 2011

Testamento biologico più lontano

Quattro giorni fa il consiglio dei Ministri ha approvato la direttiva che indice per il 9 febbraio 2011 la Giornata nazionale degli stati vegetativi; la data non è stata scelta a caso, infatti ci ricorda l’ anniversario della morte di Eluana Englaro. Questo gesto da parte del Governo ci fa capire che per noi italiani l’ ottenimento del testamento biologico è ancora lontano.
Il testamento biologico è un documento di valore legale nel quale una persona, ancora in grado di intendere e di volere, manifesta la proprie volontà riguardo i trattamenti terapeutici a cui si devono sottoporre nel caso in qui si trovasse in condizioni di salute gravi.
In una società in cui la medicina ha fatto passi da gigante e di giorno in giorno si evolve sempre di più, i cittadini italiani, assieme a quelli tedeschi, francesi, danesi e olandesi, si muovono singolarmente e sempre più numerosi per vincere questa battaglia. In alcuni di questi Paesi è già stata regolarizzata l’ eutanasia; si pensi che negli Stati Uniti già dagli anni ’90 il testamento biologico è una pratica diffusa e la sua attuazione non ha comportato il sorgere di problematiche di tipo etico e pratico.
Uno scossone dopo il quale finalmente anche il Italia si è iniziato a parlare di testamento biologico e di eutanasia, sono i casi di Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli, due nomi molto importanti in Italia, e non solo, per questa battaglia; Welby era affetto da distrofia muscolare in forma progressiva dall’ età di 16 anni ed è morto nel 2006 dopo una lunga battaglia per ottenere il distacco dal respiratore. Il dottor Mario Riccio è stato assolto in quanto “nessun addebito deve muoversi a chi, in presenza di una impossibilità fisica del paziente, abbia materialmente operato per il distacco dal ventilatore automatico, in quanto l’ azione è stata eseguita per dare effettività al diritto del paziente.”
Nuvoli, malato di sclerosi amiotrofica, invece, ha vissuto una situazione più difficile perché impossibilitato a parlare e per questo inizialmente si parlava di “ assassinio”; dopo aver ottenuto l’ utilizzo di un sintetizzatore vocale e dopo essere tornato a casa, ha potuto chiarire la sua volontà: “ non ho mai cambiato idea e voglio morire senza soffrire, addormentato.” Giovanni Nuvoli è deceduto nel luglio del 2007 per causa naturali.
La fondazione Umberto Veronesi ha ricevuto più di 1000 testamenti biologici e questo ci fa capire che in Italia c’è un parere positivo al riguardo; un altro esempio della predisposizione dei cittadini italiani al “ living will” è la pubblicazione di un sondaggio tra gli infermieri, a cura dell’ Ordine dei Medici della Provincia di Torino, nel quale si scopre che 3 infermieri su 4 dicono si all’ eutanasia e il 76% degli infermieri intervistati richiede il testamento biologico. Purtroppo la legge non arriva.
Anche la Chiesa cattolica italiana è a favore del testamento biologico, non ammette però la sospensione dell’ alimentazione e dell’ idratazione, in quanto trattamento di sostegno vitale e non terapia sanitaria; infatti il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della CEI, più volte ha espresso la preoccupazione che questo non rappresenti una qualche forma di eutanasia.
Ognuno di noi deve poter decidere come concludere la propria esistenza in maniera serena, senza dover compiere atti estremi come quello compiuto di recente dal grande regista Mario Monicelli.


Eleonora Piemonte
Istituto Flora
Pordenone